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27 gennaio. Giornata della memoria

Un attacco di bontà

di Tony Drazza* – Ricordare per non commettere gli stessi errori. Ricordare per non dimenticare quello che è successo. Ricordare per portare al cuore ogni frammento di vita vissuto. Ricordare non è solo trovarsi per parlare di come sono andate le cose, ricordare è cercare le ferite, toccarle, sentire il dolore e permettere che nessuno più si faccia del male.
Per ricordare c’è bisogno di leggere o sentire delle storie e per sentire delle storie hai bisogno di rallentare la vita, sedersi e fare spazio nella tua storia. Come i pezzetti di puzzle: bisogna ritirarsi oppure allargarsi e poi incastrarsi per far venir fuori un’immagine bella. Così è la vita. Così dovrebbe diventare la nostra vita: incastri di storie che rendono la vita bella.
E ieri sera ho letto la storia di due sopravvissute: Tati e Andra, sorelle di Fiume, sopravvissute ad Auschwitz. Ho letto, ho provato a ripercorrere con la mente i luoghi (sì, perché il percorso di Auschwitz puoi ripercorrerlo solo con la mente e non con il cuore. La mente puoi distaccarla quando non ne puoi più; il cuore non si distacca dalle storie delle persone; il cuore non puoi distrarlo, perché si impasta e si confonde ogni volta che vede un altro cuore che soffre), e grazie al loro racconto ho scoperto, o meglio si è fatto più chiaro questo: la vita te la salva un “attacco” di bontà e chi ti chiama per nome.
Andra e Tati raccontano che sono state salvate da un:  «kapò che si occupava del nostro blocco, che con noi era molto gentile», ricorda Andra. «Un giorno ci prese da parte e, senza spiegare perché, ci disse: “Domani vi chiederanno se volete rivedere la mamma, rispondete di no”. Sembra impossibile immaginarlo. Siamo tutti salvati da un “attacco” di bontà di qualcuno. E questo attacco di bontà può venire a chiunque. Anche dai cuori induriti.
E poi, raccontano ancora che sono state salvate dalla loro madre che appena poteva andava da loro e ripeteva il loro nome. Come un gesto di nascita ogni giorno, come un nuovo battesimo, come una chiamata alla vita. Ti salva chi ti chiama per nome.
Ecco allora l’insegnamento che dovremmo riprenderci della Giornata della Memoria:  sperare di avere attacchi di bontà e saper chiamare tutti per nome.
Forse Patkh, il ragazzo del Gambia morto a Venezia pochi giorni fa, aveva bisogno proprio di un attacco folle di bontà e di qualcuno che sapesse il suo nome.

*Assistente nazionale Ac per il Settore Giovani

Articolo tratto dal sito dell’Azione Cattolica Nazionale

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