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Il dono dell’incontro con il Cardinale Marco Cè, un uomo che credeva nell’AC

Il dono dell’incontro con il Cardinale Marco Cè, un uomo che credeva nell’AC

Si sono svolte il 17 maggio, nella Basilica di S. Marco a Venezia, le esequie del Card. Marco Cè, Assistente generale dell’Azione Cattolica Italiana dall’aprile 1976 al dicembre 1978, quando Giovanni Paolo II lo chiamò a guidare il patriarcato di Venezia. Ricordandone con gratitudine e commozione la grande paternità spirituale, la fede profonda, l’attenzione ai laici, la fedeltà al Concilio, la vita intera in cui si è sempre posto al servizio di Dio e della Chiesa, pubblichiamo la testimonianza di Stefano Brunello, Incaricato regionale per il Settore giovani durante lo scorso triennio, che lo scorso anno ha incontrato il cardinale con la delegazione regionale di Ac.

«L’ho incontrato con i membri della delegazione regionale del triennio 2011-2014 il giorno 9 settembre 2012, domenica. Ci ha dato appuntamente (tramite il suo segretario) nella sua residenza privata a Campo San Barnaba nel sestriere di Dorsoduro (casa in cui è vissuto fino al ricovero in ospedale per i suoi ultimi giorni). Gli avevamo chiesto di parlarci della “formazione dei laici cristiani”.

Ricordo che appena entrati a casa sua ci siamo fermati ad attenderlo nell’atrio… eravamo tutti molto emozionati perchè consapevoli che stavamo per incontrare un persona davvero speciale e che quell’appuntamento privato che ci aveva concesso, nonostante la sua già debole condizione fisica, lo dovevamo ritenere come un grande dono. Poi, dopo un paio di minuti di attesa è arrivato, camminando lentamente, accompagnandosi con il bastone e a braccetto con il suo segretario (don Valerio Comin).

Appena ci ha visti,  ricordo che ci ha sorriso. Gli brillavano gli occhi ma c’era molto silenzio… Nessuno di noi parlava, eravamo molto emozionati. I suoi occhi lucidi erano il miglior modo che aveva per salutarci, perchè non aveva le forze per fare chissà quali altri gesti di accoglienza.

La prima impressione che ho avuto è stata quella di un grande uomo racchiuso in un corpo oramai molto molto fragile, ma ancora molto lucido. Mi aspettavo di trovarlo con  fascia e zucchetto rossi, ed invece ci ha ricevuti con semplicità e con umiltà. Questo ci ha aiutati a metterci a proprio agio. Ci ha fatti accomodare nella saletta delle riunioni e ci ha invitati a sedere e a bere qualcosa.

Per un’oretta abbiamo chiacchierato e discusso insieme. Aveva pronti alcuni libri che consultava con notevole agilità. La voce debole ma appena ha cominciato a parlare ci ha conquistati con i suoi ragionamenti lucidissimi, profondi e complessi.

È stato un incontro familiare come accade quando vai ad incontrare il tuo parroco che ti accoglie nel soggiorno della sua canonica ma allo stesso tempo, per buona parte dell’incontro, sono stato mentalmente paralizzato perchè continuavo a pensare che avevamo davanti un uomo che ha segnato un pezzo di storia della Chiesa e dell’Azione Cattolica e non capivo bene perchè mai ad un certo punto della mia vita mi fosse capitata l’occasione di sedere di fronte ad un uomo così. Si percepiva bene che all’AC ha voluto bene e che ci credeva molto».

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