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Beira, la vita tra gli ultimi della terra

Beira, la vita tra gli ultimi della terra

MOZAMBICO – Don Maurizio Bolzon ci scrive sulla “ricostruzione” dopo la devastazione del ciclone Eloise

 

“Carissimi amici/amiche dell’Azione Cattolica e di Coordinamento, pochi mesi fa il mio confratello don Davide ed io abbiamo registrato un video nel quale vi raccontavamo delle conseguenze del passaggio del ciclone Eloise sul territorio di Beira (Mozambico). In risposta a ciò, l’Ac vicentina aveva fatto partire una serie di iniziative mirate a sostenere le famiglie più povere, colpite da un evento che, come dicevamo, aveva spazzato via tetti e case intere.

In questi giorni sono in Italia per alcune cure mediche e così ne approfitto per raccontarvi di come, a distanza di qualche mese, sta reagendo la città di Beira e soprattutto per esprimervi la nostra gratitudine.

Noi operiamo nei quartieri periferici della città, quelli in cui si concentrano le fasce in assoluto più povere della popolazione. Già chiamarli “quartieri” è usare un termine improprio, perché, in molti casi, si tratta di baracche, costruite senza ordine, né logica, su terreni che da sempre sono adibiti a risaie. Quindi, costruzioni fragilissime, fatte in buona misura di materiali di seconda mano (quando non di pali, teli di nylon, rottami di lamiera…), cresciute su terreni acquitrinosi e argillosi.

Niente di ciò che si edifica in questi spazi – impossibili da bonificare! – può essere forte o duraturo. Niente. Così, quando arriva un ciclone (e, in 2 anni, ne sono arrivati 3!), è molto poco ciò che si riesce a salvare. Nella maggior parte dei casi, prima vola via il tetto e subito dopo crolla la casa: così si perdono l’abitazione e tutti i beni che si posseggono (la pioggia, che poi dura per giorni e giorni, bagna e fa marcire ogni cosa). Tutti capiamo che ripartire, da tali condizioni, è impresa ardua.

Eppure, anche stavolta, gli abitanti di Beira stanno tirando fuori, non so proprio da dove, la volontà e l’energia per rialzarsi. È la forza della disperazione, dico io: quando manca del tutto un’alternativa, l’unica cosa che puoi fare è di cercare di riaggiustare meglio che puoi l’unico luogo al mondo dove puoi vivere: la tua baracca! E così sta avvenendo anche stavolta.

Purtroppo, in ambienti tanto inospitali, non c’è modo di edificare in modo resiliente (e Beira non ha terre migliori da offrire). Così, anche noi aiutiamo solo a ricostruire le baracche, perché di più e di meglio proprio non si può fare… Ma che tristezza, cari amici! Ogni volta che giro a piedi per quelle aree mi prende un groppo… No, davvero, non si può vivere così! Che cosa orrenda che è la povertà!

Sono tanti anni ormai che vivo in Africa, eppure non mi ci abituo mai. Per me la povertà è sempre un pugno nello stomaco. Quando poi diventa addirittura miseria, è per me un tarlo che rode, rode, rode dentro… E mi pare che tutte le gioie che il mondo sa offrire non abbiano più nessuna attrattiva, che tutto sia niente, che non ci sia qualcosa che abbia più valore, nella vita, che essere dalla parte di questa umanità più debole. Sapete, anche leggere le pagine dei Vangeli prende un colore tutto diverso quando lo si fa a queste latitudini. Capisci meglio il messaggio del Maestro, la sua insistenza sull’attenzione agli ultimi, la “famosa” opzione preferenziale per i poveri che pervade l’intera Scrittura…

Cari tutti, è a nome di questa gente, che con estrema fatica si sta risollevando dall’ultimo ciclone e che, con terrore, ascolta le parole dei meteorologi che già ci dicono che dovremo rassegnarci ad averne altri, che voglio dirvi GRAZIE. La vostra “fraternità” ci ha fatto bene, sia per i gesti concreti e materiali, ma ancor più per la comunione che ci avete manifestato. Grazie, sul serio.

Un caldo abbraccio.
30 aprile 2021

d. Maurizio Bolzon

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