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Ac e santità popolare: Annalena Tonelli

Ac e santità popolare: Annalena Tonelli

* Sesto incontro nel nostro percorso sulle tracce dei testimoni di santità legati all’Azione Cattolica. Per la spiegazione del progetto e le “puntate precedenti”, clicca QUI.

Annalena Tonelli (1943-2003)

«Mi chiamo Annalena Tonelli. Sono nata
 in Italia a Forlì il 2 aprile 1943. Lavoro
 in sanità da trent’anni, ma non sono 
medico. Sono laureata in legge in Italia.
 
Lasciai l’Italia a gennaio del 1969. Da 
allora vivo a servizio dei Somali. Scelsi di essere per gli altri: i poveri, i sofferenti, gli abbandonati, i non amati che ero una bambina e così sono stata e confido di continuare a essere fino alla fine della mia vita. Volevo seguire solo Gesù Cristo. Null’altro mi interessava così fortemente: LUI e i poveri in LUI».

La prima volta che ho sentito queste parole, nel 2004, ero al weekend di spiritualità giovanissimi. Annalena Tonelli, la donna che le aveva scritte, era stata assassinata circa sei mesi prima. Un colpo alla testa, nel cortile del “suo” ospedale, a Borama, Somaliland. Da allora, l’Ac Vicentina si è legata alla sua storia con il campo 18-19enni, che dal 2010 si ripete, a cadenza biennale, e una festa giovani, otto anni fa.

Il 5 ottobre 2003, quando muore, Annalena ha sessant’anni. Aveva lasciato la sua Forlì per “gridare il Vangelo con la sua vita”. Donna, bianca, giovane, cristiana, nubile, inizia la sua missione come insegnante di inglese in una società a maggioranza nera, musulmana, dove contano gli anziani, maschi, patriarchi. Non può parlare di Cristo, può solo incarnarne il Vangelo. Il suo primo gesto rivoluzionario e quotidiano, nel prendersi cura di malati ed emarginati, “brandelli di umanità ferita”, consiste nel sostituire l’acqua salata dell’ospedale di Wajir con l’acqua dolce che lei raccoglie nella cisterna posta sopra la sua abitazione. Gesto a portata di tutti, e per questo tanto meno scontato.

«Tento di vivere con un rispetto estremo per i «loro» che il Signore mi ha dato. Ho assunto fin dove è possibile un loro stile di vita. Vivo una vita molto sobria nell’abitazione, nel cibo, nei mezzi di trasporto, negli abiti. Ho rinunciato spontaneamente alle abitudini occidentali. Ho ricercato il dialogo con tutti. Ho dato care: amore, fedeltà e passione».

Non è una donna associativa, Annalena. I primi passi li ha mossi nella Fuci forlivese, di cui è stata anche presidente, ma la sua anima è al Comitato per la lotta contro la fame nel mondo, al brefotrofio, all’Opera Don Pippo: il suo percorso è incontenibile entro qualsiasi binario. Solo il suo sogno di servire Dio nei poveri le indica la rotta. Eppure, proprio per il suo voler essere “nobody, nessuno”, lievito nella pasta, per il suo legame amicale con preti e vescovi, pochi coraggiosi testimoni di Cristo nel corno d’Africa, per il suo essere profondamente attiva e radicalmente contemplativa, Annalena ha molto da dire a noi di Ac.

«Credevo, nella mia ingenuità, ma mi sbagliavo completamente, che fosse necessario partire, allontanarsi e andare in un mondo in via di sviluppo per poter dare alimento a questo fuoco di carità che mi bruciava dentro. Il caso ha voluto che fosse l’Africa, dove non volevo andare… Poi trovandomi in quel solco ho capito che non ha assolutamente importanza il luogo dove ci si trova. Perché veramente ciò che conta è amare».

Margherita Scarello

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