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Aldo Moro, quarant’anni dalla morte che cambiò l’Italia

Oggi come allora. Mentre ricorre il quarantesimo anniversario dalla sua morte, vogliamo ricordare Aldo Moro, ucciso dalle Brigate Rosse nella notte del 9 maggio 1978.

Uomo buono lo definì Paolo VI, che sarebbe sopravvissuto pochi mesi alla morte dell’amico. Uomo di speranza, capace di mediazioni alte, di una lettura profonda e lungimirante dei segni di mutamento presenti nella società, capace di un ascolto attento e curioso del mondo giovanile, ha lasciato una traccia indelebile nella storia del nostro Paese che ha servito ininterrottamente dalla Costituente al giorno della sua morte. Il suo pensiero, la sua azione, la drammatica conclusione della sua vita scuotono ancora le nostre coscienze. Gli siamo grati di aver contribuito anche a costruire un tratto della nostra lunga storia associativa, impegnandosi insieme con l’amico Giovanni Battista Montini nella FUCI che fu chiamato a presiedere.

Nella speranza che memoria e futuro si intreccino, lo ricordo attraverso un suo testo del 1947 che conserva ancor oggi tutta la sua freschezza. È un testo che scelse Paolo Giuntella per ricordarlo in una commemorazione dedicata a lui e all’amico Vittorio Bachelet.
Si lamenta da molte parti l’assenza dei giovani nella vita sociale e politica, la loro indifferenza, la mancanza di ideali, il precoce scetticismo… È un lamento giustificato, perché quest’assenza significa l’esaurirsi dello spirito giovanile e della volontà di avvenire della nostra società. Noi non sapremmo ora dire se questa desolante denuncia sia completamente giustificata, se cioè quel vigore di fede e quell’amore alla vita che si riscontrano in alcuni giovani eletti, bastino a compensare il grigiore, l’incoscienza, la volubilità, la leggerezza della massa. Ma è certo che c’è una impressionante moltitudine lontana da ogni ideale, da ogni umana passione, da ogni speranza. Ed è responsabilità nostra per non aver saputo creare un ambiente accogliente ove la speranza apparisse possibile e fosse dato credere negli ideali umani, per non aver saputo accompagnare con onorevole fermezza nel primo incontro con la vita (Al di là della politica, pp. 291-292).

Per utili approfondimenti rinvio al bel libro di Guido Formigoni Aldo Moro. Lo statista e il suo dramma (il Mulino) e a quello di recente pubblicazione di  Marco Damilano, Un atomo di verità (Feltrinelli): entrambi gli autori sono intervistati nell’ultimo numero della Voce dei Berici; e alla bella intervista a Ernesto Preziosi pubblicata sulla Voce dei Berici nel mese di marzo, in occasione dell’anniversario del rapimento dello statista.

Caterina Pozzato, presidente diocesana Ac Vicenza

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