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Che tempo! Pasqua 2020

Quando agli inizi di quest’anno associativo ci siamo introdotti al percorso formativo del settore Adulti, che ci invitava ad abitare il tempo della memoria, dell’attimo, dell’imprevisto, dell’attesa affinando la capacità di leggere la vita alla luce della Parola, non avremmo certo immaginato di trovarci in un momento in cui ci saremmo detti, tante e tante volte, pur con tonalità diverse, “ma che tempo!”.
Che tempo, questo della Settimana Santa, che come cristiani ci convoca in tanti a celebrare il mistero della morte e Resurrezione di Cristo, ma che quest’anno in modo tanto esplicito quanto inaspettato ci chiama primariamente ad un cammino interiore, spirituale, individuale.
Il luogo dove celebrare la Pasqua non è più abituale e conosciuto, ma come nel Vangelo, anche oggi Gesù ci manda a cercare un posto dove celebrare la Pasqua.
Che tempo! Seguiremo le celebrazioni in famiglia, collegati ai diversi appuntamenti delle parrocchie e della diocesi, ma quanto conta ora in tutto questo starci in una dimensione personale, in prima persona davanti a Dio, aiutandoci, perché no, con un taccuino personale in cui annotare domande, pensieri e riflessioni.

Che tempo è questo? Mi viene in soccorso il nostro percorso formativo, per me ancor più provocante in questi giorni santi in cui, come mi ricorda un amico, occorre farsi le domande giuste. Alcuni pensieri, per condividere.

Giovedì Santo, ovvero “abitare il tempo della Memoria”. Il Giovedì Santo la Chiesa celebra il memoriale della nuova ed eterna alleanza, fa memoria dell’Eucarestia.
Cosa vuol dire per noi oggi, affamati di questa Eucarestia, spezzare il pane? Cosa vuol dire lavarsi i piedi gli uni gli altri, quando non ci si può toccare, quando non è possibile il contatto? Non vuol forse dire trovare altre forme, attivare altre azioni e farle “con tatto”? Troveremo il tatto con cui fare memoria anche dell’Eucarestia non potendola celebrare insieme? Troveremo il tatto, la delicatezza, con cui lavarsi i piedi gli uni gli altri anche non potendolo fare concretamente? Troveremo il tempo per lavarci i piedi, adesso che abbiamo capito quanto sia importante lavarsi le mani e che non può essere un gesto sbrigativo, affrettato, superficiale? Solo il Signore ci può toccare in questo momento. Ci tocca il cuore per smuoverci dalle nostre sicurezze ed abitudini. Ci tocca nel profondo, nel vivo, noi che, impauriti, rischiamo di abitare chiusi le nostre comode case, timorosi di essere abitati dalla sua Parola.

Venerdì Santo: ovvero “abitare il tempo dell’Imprevisto”. Talvolta l’imprevisto apre alla gioia, all’esperienza della festa, ma in questo tempo è l’imprevisto difficile, che rende faticosa l’esistenza.
Come abitare ora l’imprevisto? Un tempo in cui anche il dolore rimane muto, è costretto a restare privato. Privato della consolazione, della condivisione con le persone che vorremmo vicino. Questa condizione ci riporta sotto la croce, dove Gesù è abbandonato persino dai suoi, dove persino lui grida: Padre, perché mi hai abbandonato? Ci mancano molte cose in questo momento. Eppure non siamo chiamati a custodire le ceneri di quello che ci sta mancando. Non ci viene chiesto di vivere di rimpianti, ma di cogliere quello che di nuovo sta generando questo tempo. Una nuova maternità, una nuova fratellanza, un nuovo senso di famiglia come viene a crearsi fra Maria e Giovanni ai piedi della croce. Una possibilità di riscatto come avviene al buon ladrone. Una nuova opportunità per fare discernimento sulla nostra vita e darle un nuovo significato. Che tempo di grazia sarà questo se avremo il coraggio di cambiare lo sguardo sulle cose, spesso facile e scontato?  L’imprevisto mette in pausa la nostra vita e ci invita al cambiamento. Quale conversione ci sta chiedendo questo Venerdì Santo, in cui la chiesa è spoglia persino dei suoi fedeli, in cui non resta vuoto solo l’altare, ma anche tutta la navata? Dove alloggeremo il Santissimo? Su quale altare lo custodiremo? Stiamo sperimentando quella separazione faticosa che gli stessi apostoli non capivano, ma che era preludio alla Chiesa ecumenica, quella distanza fisica da Gesù che ha poi permesso loro di essere in Comunione di Spirito, allora come ora.

Sabato Santo: ovvero “abitare il tempo dell’Attesa”. Mai come quest’anno possiamo capire il valore e la fatica dell’attesa. Che è un’attesa silenziosa ma al contempo anche orante, intimamente orante.
Come il sepolcro, questo è un tempo che si svuota, ma non è più il tempo delle chiusure. La pietra pesante che chiudeva la tomba viene fatta rotolare via. È un tempo di aperture e così ciò che è vuoto può essere abitato. Dalla luce di Cristo anzitutto, che si irradia nel buio del sepolcro; da incontri privilegiati come quello fra Gesù e Maria di Magdala, in cui l’Altro colma le distanze; da una nuova missione: “va’ dai miei fratelli e di’ loro!”; da progetti e percorsi futuri: “Come il Padre ha mandato me, anch’io mando voi”.
Torna alla mente la figura di Maria di Magdala: siamo tutti un po’ tristi, sconsolati, increduli, provati da eventi più grandi di noi. Eppure Gesù si avvicina, ci cerca e ci interpella: “Chi cerchi?”. Ci invita a non fermarci alla dolorosa conta dei morti, a non attaccarci alla ricerca di un corpo morto, il suo. Ci chiama per nome. Fa appello al nostro sguardo. Ci fa voltare, il nostro sguardo deve passare dal sepolcro al giardino, dalla morte alla vita. Ci rende capaci di riconoscere la Sua presenza anche in mezzo alla disperazione, anche davanti al sepolcro.

Allora sì, si apre il tempo della Speranza, la Pasqua: la celebrazione del mistero della morte e risurrezione di Gesù che ci attende ci aiuterà a cambiare il nostro vocabolario, a riorientare lo sguardo, perché questo tempo, nel frattempo, è diventato anche un tempo di opportunità, di fecondo silenzio, dato alla preghiera ed ai nostri pensieri; un tempo privilegiato, quindi, per curare la nostra anima ferita e domandarci il desiderio di Dio.
Se intorno a noi ancora molto spazi sono chiusi, i nostri occhi, la nostra mente e il nostro cuore saranno aperti ad accogliere ciò che non si può blindare, che non si può trattenere: lo Spirito del Signore risorto. E nuovo il giorno sarà.

Gina

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