Home / Coordinamento / Il 25 aprile e la scelta di coscienza dei giovani cattolici

Il 25 aprile e la scelta di coscienza dei giovani cattolici

Il 25 aprile e la scelta di coscienza dei giovani cattolici

«È un punto di riferimento vitale, per noi oggi, pensare che dei giovani diciottenni, poco più o poco meno, educati e cresciuti durante il fascismo, frastornati dalla sua propaganda, l’8 settembre 1943, vedendo crollare il regime e lo Stato, abbiano guardato nella propria coscienza e deciso di abbattere la schiavitù, la dittatura, per instaurare la libertà e la democrazia: è stata anzitutto una scelta morale, di coscienza civile».
Sono parole di Francesco Tessarolo, bassanese che guida la Federazione italiana Volontari della Libertà, associazione che raccoglie 28 formazioni provinciali del Nord Italia, Emilia Romagna e Toscana, dedite allo studio della storia dei gruppi cattolici e autonomi nel movimento di Liberazione (l’intervista è stata pubblicata da La Voce dei Berici di domenica 23 aprile)

Quale ruolo hanno avuto i cattolici nella Resistenza?
«Al primo congresso della DC, nel ’46, Enrico Mattei, denunciando che nell’immediato dopoguerra le celebrazioni ingeneravano “la convinzione che la lotta di liberazione sia stata un po’ il monopolio di uno o due partiti”, affermava: “Noi troppo poco parlammo, fino ad oggi, dei nostri partigiani e troppo poco ne scrivemmo, quasi fosse la materia a farci difetto”. Oggi sappiamo quanto, a livello nazionale e locale, sia stato importante il contributo cattolico. Due dei quattro gruppi di partigiani del Monte Grappa erano di fatto apartitici, autonomi e cattolici».

Agiva diversamente il partigiano cattolico da un appartenente a un’altra formazione?
«Don Anselmo Riello, parroco a San Pietro di Rosà, che radunava i giovani dell’Azione cattolica, con loro ascoltava Radio Londra e li invitava a fare qualcosa, raccomandava “non dovete mai sparare per primi”. Il modo di agire certo cambiava, come lo scopo. Alle brigate comuniste Garibaldi interessava lo scontro, la guerra; per i cattolici e gli autonomi gli obiettivi erano la libertà, la democrazia, la guerra era il mezzo inevitabile verso un traguardo repubblicano. Diciamo che nel Vicentino la spiritualità è stata l’antidoto più forte al fascismo e alla propaganda».

Non solo dall’8 settembre del ’43…
«Da molto prima. Il vescovo Rodolfi costituiva un vero e proprio riferimento “alternativo” al fascismo. Il prefetto di Vicenza, nel 1931, dopo aver sequestrato dei foglietti che proclamavano “Mussolini traditore”, dispose dei provvedimenti, anche contro quattordici preti diocesani che avevano “avute parole di protesta (…) azzardando pure qualche commento non perfettamente intonato, e sempre inopportuno, al momento politico”».

Che cosa cambia nel raccontare la Resistenza?
«A 72 anni dalla Liberazione, più che gli aspetti militari, sono da mettere in risalto le scelte morali e civili: al di là del bene del singolo, i diversi gruppi della Resistenza hanno ricercato il bene comune; pur provenendo da storie diverse e mirando a modelli politici differenti, i partigiani hanno collaborato insieme. Il partigiano “Masaccio” (Primo Visentin) sosteneva: “Di politica parliamo dopo, adesso dobbiamo conquistare la libertà e la democrazia”. C’è un bene comune che deve prevalere, al quale tutti dobbiamo contribuire, questo ci insegna oggi».

Qual è il valore della Resistenza da riscoprire oggi?
«Proprio la sua unitarietà. In un momento storico come quello odierno, dove il livello democratico è abbassato, l’altro è denigrato, considerato avversario se non nemico, il dibattito politico è frammentato ed esasperato, ripercorrere le vicende resistenziali ci insegna la logica del riconoscimento reciproco, della solidarietà, del bene comune».

La storia

Franco Fraccon

Nato a Rovigo il 24 ottobre 1924, membro della Gioventù Italiana di Ac, consegue la maturità classica al Regio Liceo Ginnasio “A. Pigafetta” di Vicenza nel lungo 1943, nonostante una nota del preside “per rapporto di contegno indisciplinato e rifiuto di obbedienza, fatto dalla G.I.L.”, l’organizzazione giovanile fascista. Iscrittosi alla Facoltà di Medicina all’Università di Padova, lavora nel reparto di chirurgia dell’ospedale di Vicenza come assistente volontario ed entra nella Fuci. Dopo il bando di chiamata alle armi del 9 novembre 1943, non si presenta al distretto militare e si nasconde a Valli del Pasubio, in casa di don Mario Bolfe, professore di religione al “Pigafetta”; successivamente insieme al padre, Torquato Fraccon, predispone documenti falsi a favore di perseguitati politici ed ebrei; nel gennaio del 1944, i due sono arrestati, interrogati e torturati. Rimesso in libertà, partecipa attivamente all’attività cospirativa e compie numerose azioni di sabotaggio. Con il padre e l’intera famiglia, è arrestato il 26 ottobre; Torquato e Franco sono interrogati e torturati, ma non tradiscono gli amici e l’organizzazione; accusati di attività eversiva, sono deportati nel campo di concentramento di Mauthausen, dove muoiono nel maggio del 1945.

Scroll To Top